Resoconto 2017-2019

Il nostro progetto compie 3 anni!
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INDICE


 

  1. Che cos’è Cultura in Movimento?
  2. Tematiche emerse
    Cultura
    Inchiesta
    Politica
    Educazione
  3. Metodo del progetto in sintesi
  4. La storia: dove e quando
  5. Soggetti coinvolti nel triennio
  6. Report anno 2019
    San Damiano d’Asti
    Lequio Berria e Bossolasco
    Corneliano d’Alba
    Monticello d’Alba
    Alba (CAM Moretta)
    Alba (Gruppo adolescenti)
  7. Gli oggetti culturali: narrare un’altra storia
  8. Scarica in PDF
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1

Che cos’è Cultura in Movimento?

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Cultura in Movimento è un progetto promosso dal Circolo Arci Cinema Vekkio di Corneliano d’Alba. L’intento è quello di far circolare contenuti culturali in contesti rurali e/o urbani periferici attraverso installazioni audiovisive, eventi e spettacoli. Un furgoncino itinerante e degli educatori-mediatori culturali “si muovono verso”, “vanno incontro” a bambini e giovani di un territorio, coinvolgendoli nella progettazione e nell’organizzazione di attività culturali su tematiche di loro interesse e in luoghi significativi da loro scelti. L’approccio che si intende promuovere è quindi partecipativo, inclusivo e dal basso. Si intende applicare il concetto di educativa di strada alla cultura, ossia riportare il lavoro culturale tra la gente, per ri-alfabetizzarci socialmente e formarci ad esercitare forme di Democrazia diretta e partecipata, per riappropriarci dei temi e del controllo delle decisioni che determinano le nostre esistenze e le nostre comunità. Creare le condizioni per esperire forme di pedagogia che consentano la nascita di persone e cittadini attivi e non semplici consumatori nell’arena civica. È chiara la predisposizione di queste forme democratiche “dal basso” a politiche liberatrici, emancipatrici e di uguaglianza sociale.

Lo strumento che ci permette di raggiungere i territori è un furgoncino che contiene al suo interno tutto il necessario per la conduzione delle attività culturali (libri, film, casse audio, telone e video-proiettore, postazione radio mobile, ecc…). Il furgone non porta cultura preconfezionata, ma può essere considerata un’antenna che intercetta le esigenze di un territorio e mette a disposizione strumenti per “creare” attività culturali.

Cultura in movimento è un progetto, un movimento, uno stile di pedagogia sociale, politica, comunitaria che opera nella città e con le relazioni esistenti in essa, in quanto, spazio, ambiente e risorse a cui attingere; ma soprattutto per sviluppare azioni educative trasformative e emancipative riferite alla realtà stessa.

Agiamo pensando che un cambiamento radicale delle nostre comunità non possa prescindere da un approccio popolare che parta dai vissuti, dalle condizioni reali dei ragazzi/e (e di noi tutti) e li colleghi ai grandi temi della società; e che per unire pedagogia e politica in un rapporto fecondo di percorsi liberatori si debbano mutare e rendere sempre più calde le relazioni umane.
Il tema di fondo è quello di costruire una pedagogia militante, che prenda parte, propedeutica ad un cambiamento radicale della società, non in modo ideologico e didattico, contenutistico, ma provando a far nascere il sentimento di una critica e di una ricerca pratica alternativa all’esistente per le nostre esistenze alienate e sfruttate.
Agire comunitariamente significa auto-educarci ad azioni democratiche per riappropriarci degli spazi, dei temi e dei tempi delle nostre città.

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2

Tematiche emerse

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Cultura

Da un punto di vista culturale quello che si è sviluppato è un approccio alle Arti e agli artisti intesti come stimolatori per affrontare i temi della comunità, intermediari tra l’opera artistica o culturale e i sentimenti, i nodi che si vivono quotidianamente nella città. Altro aspetto fondamentale dei nostri percorsi sono le storie, sia quelle che raccontiamo per promuovere il dialogo, sia quelle che raccogliamo. È evidente quanto queste possano essere accomodanti e innocue quanto potenziali scintille di riflessione e azione comunitaria. Le storie esperienziali raccontateci da ragazzi e bambini fanno emergere il punto di vista Soggettivo, di parte e permettono di collegare questo aspetto personale al resto della dinamica sociale, provando a scardinare pregiudizi e stereotipi. Merita anche un pensiero il nodo che emerge dalle restituzioni comunitarie che presentano gli oggetti culturali realizzati dai partecipanti ai percorsi nei territori; che si tratti di testi rap, video-documentari, flash mob teatrali o fumetti queste creazioni, oltre ad essere momenti di divertimento, creano la condivisione dei temi che si vogliono fare emergere, diventano parte del paesaggio culturale di quel luogo, ne inquadrano i problemi e i nodi per aiutarci a cambiare le cose.

Inchiesta

Ingaggio con le persone e il territorio, mappa sociale, racconto e raccolta di storie, emersione dei temi, creazione di un oggetto culturale e tentativo di azione trasformativa: ecco in breve il nostro metodo, che non ha di certo la pretesa di essere scientifico e istituzionale, ma ha come riferimenti dichiarati e forti l’inchiesta sociale e la socioanalisi narrativa. Lo stare insieme e andare incontro alle persone, domandarsi come e dove viviamo e stimolare il racconto sono tutti strumenti che hanno il fine di destarci dal torpore della situazione in cui viviamo, ed è quindi chiaro che per noi “inchiesta” è un modo per provare ad intervenire nelle e sulle realtà, per provare ad avere una modalità accogliente, democratica e di coinvolgimento diretto dei giovani che intraprendono il processo di Cultura in movimento. Ogni percorso è formativo e di volta in volta modifichiamo aspetti e pratiche, perché il nostro fine non è tanto quello di produrre documentazione, ma dotare e dotarci di chiavi di lettura e azione il più possibili coerenti ed efficaci per i nostri fini di polis.

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Politica

In un’epoca dominata dall’individualismo e dalla competizione, fomentata da un sistema educativo che spinge ad equipaggiarsi per gareggiare tutti contro tutti nella dinamica sociale, il nostro apporto è stato quello di far vivere l’esperienza del collettivo. Far capire che non ci si salva da soli e soprattutto non inseguendo le logiche predatorie e accumulatorie del pensiero dominante, forse non ci rende subito attraenti e comprensibili, ma con il proseguimento degli incontri il collettivo emerge come nodo emotivo e stile relazionale. Lo vediamo chiaramente quando nella scelta del tema da affrontare comunitariamente non si fanno conteggi, ma l’autogestione del gruppo fa propendere attraverso il dialogo, il confronto e il dibattito verso la tematica più sentita e urgente, in cui ci si riconosce come insieme di persone che vivono un’esperienza comune e non come somma di singoli. L’altro nodo politico che quasi sempre si costruisce è l’affrontare, l’essere un piccolo antidoto alla disillusione al cambiamento, che non solo leggiamo in molti sguardi, ma a volte ci viene comunicata con la paura di mettersi in gioco, perché intanto non cambia nulla…il tentativo di essere credibili e orientati a dipanare i nodi che emergono dall’inchiesta ci permette di creare un minimo squarcio di luce nella prospettiva buia di un futuro che sembra immutabile ed eterno presente.

Educazione

Gli elementi pedagogici emersi trasversalmente partono dal tentare di essere inclusivi con tutte le persone che incontriamo, e questo non lo facciamo offrendo iniziative o attività, ma andando incontro alle persone nei luoghi che frequentano, interpellandoli come Soggetti, come abitanti e conoscitori di un luogo, delle sue storie e delle relazioni che vi accadono. I bambini/e, i ragazzi/e sono già cittadini. Questo approccio aperto a tutti, non è però per tutti, nel senso che permette ad ognuno di determinare la propria scelta, di non essere trattato come massa uniforme, come un’unica categoria sociale (i giovani, gli adolescenti…) e crea la condizione di prendere parte alla costruzione del proprio futuro e del futuro della comunità di riferimento, modificando lo stato di cose presenti. I ragazzi sono sollecitati quindi ad un’autogestione pedagogica, indagando la propria situazione e quella altrui per sviluppare un’azione di mutualismo educativo trasformativo di situazioni problematiche e oppressive. Si tratta di un percorso educativo non didattico, ma di diretta implicazione nelle dinamiche cittadine, un apprendimento reale e di partecipazione fattiva nella vita della città e delle sue relazioni. Il coinvolgimento quindi diventa uno stile, crea la condizione di avere una dignità data dal poter agire e avere una funzione nella società. Il tutto rivalutando, seppur con forme minime, ma non meno significative, il conflitto, inteso come strumento di cambiamento e generatore di comunità rinnovate.

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3

Metodo del progetto in sintesi

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Presentazione del progetto e lettera di intenti

Nel primo incontro definiamo nella maniera più chiara possibile le finalità, il Senso e gli strumenti di Cultura in movimento. Ci aiuta in questo una brevissima lettera che spiega e invita i partecipanti ad ingaggiarsi nel percorso.

Mappa sociale

Non esistono mappe “ufficiali” realizzate da bambini, o giovani in genere. Attraverso questo laboratorio arriviamo a costruire un disegno di città, paese o quartiere dal punto di vista sociale e relazionale. I luoghi ci vengono presentati dai partecipanti per la loro funzione aggregativa e di comunità. La mappa è collettiva e quindi permette già un dibattito sul fatto che si tratta dei luoghi dove avviene e si esercita la vita in comune. Si arriva così ad avere una visione della comunità da parte dei giovani cittadini.

Racconto e raccolta di storie

Grazie ad una serie di racconti di storie vere che sottolineano la capacità di azione e riflessione critica di bambini, ragazzi e giovani nel loro contesto di vita, invitiamo i gruppi a ragionare su storie che li riguardano direttamente o che li hanno toccati nel vivo. Dopo la raccolta e la condivisione delle storie si avvia un dibattito che permette di arrivare ad uno o più temi o nodi che riguardano la comunità in cui si sta operando. Tutto questo lavoro può essere inteso come un’inchiesta ludica. Con essa emerge la dinamica sociale su cui provare ad incidere con il progetto.

Laboratorio Artistico e creazione oggetto culturale

Musica, Cinema, Letteratura e Teatro sono le quattro arti che dopo una breve e iniziale formazione tecnica ci permettono di sviscerare ed elaborare il tema emerso dalle storie e dall’inchiesta. La scrittura di un testo rap, un piccolo videodocumentario, la realizzazione di un fumetto e un flash mob teatrale sono le forme pratiche di restituzione pubblica alla comunità delle questioni emerse che avverranno durante l’evento finale. In questa fase l’Arte e la Cultura hanno quella funzione di prima emancipazione “dal basso” dai nodi e dagli eventuali problemi emersi in fase di ricerca.

Evento Finale

Come già evidenziato nell’evento finale si presentano e si affrontano pubblicamente i temi dell’inchiesta non tanto come frutto di un lavoro sociologico, ma come prassi pedagogico-politica in cui si gettano le basi per un lavoro nel futuro sui contenuti emersi. Grazie ad un piccolo concerto, una proiezione di un film o documentario, la presentazione o reading di un libro o fumetto o una performance teatrale, artisti e intellettuali, che promuovono nei loro mondi e con le loro arti pratiche e stili simili al nostro progetto, ci aiutano nell’affrontare le questioni emerse, allargando lo sguardo oltre il nostro quotidiano e il nostro territorio. È fondamentale creare una relazione e una comune linea di intenti tra noi operatori e gli artisti/intellettuali che vengono coinvolti.

Il giorno dopo…

E dopo l’evento finale come ci muoviamo? Il nodo del progetto sta proprio nel ripartire dalle domande emerse, dalle questioni poste e dalle possibili linee di lavoro in comune da realizzare, che ovviamente saranno diverse da contesto a contesto. Insomma è da una piccola presa in carico delle situazioni e da una prima responsabilizzazione sulle tematiche pubbliche emerse che il progetto riparte e può rendersi sensato, azzeccato e sostenibile.

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4

La storia: dove e quando

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2017

Alba – quartieri Santa Margherita e Moretta
Corneliano d’Alba
Piobesi d’Alba
Cherasco
Bra

2018

Barolo
Corneliano d’Alba
Monticello d’Alba
Murazzano
San Damiano d’Asti

2019

Torino – Sottodiciotto Film Festival
Monticello d’Alba
Corneliano d’Alba
San Damiano d’Asti
Bossolasco e Lequio Berria
Alba – H Zhone e quartiere Moretta

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5

Soggetti coinvolti nel triennio

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13 Territori
60 Associazioni ed enti Partner
575 Bambini 3 – 14 anni
350 Ragazzi 15 – 25 anni
50 Adulti
8 Istituti scolastici
7 Amministrazioni locali
3 Partecipazioni a Festival culturali
1600 (c.ca) Partecipanti agli eventi organizzati
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6

Report anno 2019

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Il 2019 è stato il terzo anno di vita del progetto.

Da un lato è stata consolidata la presenza su territori esplorati negli anni passati, come Monticello d’Alba, Corneliano d’Alba e San Damiano d’Asti, con l’obiettivo di portare le questioni sollevate dai ragazzi a livello comunitario, condividendole con istituzioni e cittadini e provando ad agire un’azione trasformativa.
Dall’altro sono stati raggiunti nuovi territori e nuovi contesti come Lequio Berria e Bossolasco, posti sconosciuti, che abbiamo scoperto attraverso lo sguardo dei bambini, le loro mappe, i loro racconti.
Il 2019 è stato anche l’anno di sperimentazione di «autogestione pedagogica e formativa» con un gruppo di adolescenti di Alba e dintorni.
Sono sorte nuove interessanti collaborazioni anche fuori dal territorio di riferimento, come quella con il Sottodiciotto.

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Contesto

San Damiano è un centro di circa 8000 abitanti della provincia di Asti. Da qualche anno curiamo la gestione della biblioteca comunale e da subito questo luogo è diventato un piccolo polo di aggregazione Giovanile; nel contatto quotidiano con i ragazzi ci siamo accorti dell’assenza di un progetto pedagogico. Da tre anni abbiamo iniziato a coinvolgere due classi di scuola media, quattro di un istituto alberghiero e un gruppo informale legato ai locali, alle relazioni e alle attività sviluppate in biblioteca. Nel primo anno di progetto abbiamo così potuto sperimentare il nostro metodo partendo dalla mappa sociale e dall’inchiesta, cercando quindi di porre al centro del dibattito cittadino proprio l’educazione comunitaria e soprattutto di volgere uno sguardo e un approccio che permettesse ai ragazzi/e di sentirsi già cittadini, quindi portatori di conoscenze e di un’idea di città e delle relazioni che intercorrono in essa. COSA SUCCEDE IN CITTÀ è stata intitolata la quattro giorni in cui i vari ragazzi attraverso strumenti culturali (fumetto, book trailer, disegni, cinema) hanno raccontato storie che li riguardano da vicino e che raccontano il loro modo di vivere SanDamiano. Il tentativo è stato quello di suscitare attenzione e pratiche di polis sui nodi e sulle questioni sollevate dai ragazzi stessi.

Processo

Una di queste storie raccolte dai ragazzi racconta dell’impossibilità di giocare in un campetto da calcio perché mancante di una porta; se provavano a spostarsi nel campetto da basket adiacente venivano redarguiti da istituzioni e forze dell’ordine. In questa storia i ragazzi lamentavano il fatto che le promesse di dotare di una seconda porta il campetto sono sempre state disattese Ci è sembrata (e soprattutto è sembrata a molti dei ragazzi coinvolti) un punto di possibile azione trasformativa molto interessante e il percorso fatto quest’anno si è proprio incentrato sul provare a sollevare la questione a livello comunitario con istituzioni e cittadini. I nostri laboratori hanno portato a non richiedere semplicemente l’installazione delle porte, ma ad individuare un giardino abbandonato in una possibile agorà in cui svolgere attività ludiche, culturali e artistiche. Il nodo per noi centrale è stato quello del riappropriarsi dal basso di un luogo per farlo divenire ambiente di partecipazione democratica, quindi lontano da un su uso privatistico, come da una semplice gestione comunale pubblica

Restituzione comunitaria

E se da questa iniziativa nascesse un modello di gestione partecipata da parte di bambini e giovani nell’ottica dei Beni Comuni? (RI)APRIAMO VIA CICI sono state tre giornate in cui dall’inchiesta si è passati ad un’iniziale riappropriazione. La prima di queste è stata un laboratorio di Street Art che ha colorato e abbellito il giardino, mentre nella seconda il gruppo teatrale dell’istituto Penna portando il suo spettacolo “Freeda and me” ha pensato di aggiungere un altro piccolo tassello per rendere agorà lo spazio: il teatro come mezzo per fare città, per fare comunità, tra chi lavorava, chi studiava, chi passeggiava. La terza giornata è stata una serata di cinema all’aperto, dove è stata proiettata la video-inchiesta realizzata dal gruppo informale della biblioteca proprio sul tema degli spazi pubblici con interviste ad adulti di riferimento della città

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Contesto

Corneliano è un paese di poco più di 2000 abitanti, è il luogo dove si trova il Cvk, la nostra base di partenza che da 21 anni promuove l’omonimo progetto culturale ed educativo. Uno degli obiettivi che quando abbiamo strutturato Cultura in movimento era impellente, era quello di uscire, di ritornare a fare strada e toglierci dalla zona di comfort del nostro bel centro. Negli anni precedenti il progetto ha cercato di collegarsi con la scuola media e al Comune attraverso la collaborazione con il Consiglio Comunale dei Ragazzi. Iniziativa che pur essendo una grande occasione di scambio e relazioni con la scuola, si rivela molto istituzionale e con ricadute più di stampo consultivo che di impatto sociale e che paradossalmente spinge i ragazzi ad una competizione tra di loro deleteria, sia a livello emotivo che di comprensione delle dinamiche democratiche che dal nostro punto di vista vanno aldilà di una gara elettorale, ma si esprimono e dovrebbero esprimersi in un attivismo civico e partecipativo. Da un altro punto di vista ci premeva configurarci come un progetto di pedagogia sociale e comunitaria e non di relegarci e farci relegare da pronto soccorso educativo. Negli anni abbiamo proposto l’inchiesta lavorando sul tema della Comunità, cercando di intercettare bisogni e sentimenti dei partecipanti e di svilupparli a livello di paese.

Processo

La collaborazione con la scuola è da noi esortata e spinta perché permette ai ragazzi/e del nostro Spazio Aperto di incontrarsi con quelli del Consiglio Comunale dei ragazzi, proprio per provare a sradicare quella competizione a cui ci spinge la società attuale, ma confrontandosi non su una visione edulcorata e fantastica della comunità, ma affrontandone i nodi più significativi. I ragazzi/e essendo già cittadini, con la nostra metodologia riescono quanto meno a riflettere e a distinguere le pratiche di delega da quelle di partecipazione democratica vera e propria.
Quest’anno i 25 ragazzi/e coinvolti hanno voluto promuovere una auto-inchiesta sul tema della tecnologia, intesa anche come Internet e Social network ma non solo. Quando questa ci ha aiutato? Quando, invece mi ha fatto perdere qualcosa? Attraverso lo stimolo e la raccolta di storie personali e collettive ci siamo interrogati fino a che punto le tecnologie sono a nostro servizio, o quanto noi stiamo diventando delle loro appendici TECNOLOGIA È (E) COMUNITÀ quindi?

Restituzione comunitaria

Abbiamo provato a fare emergere il lato comunitario della tecnologia, grazie ad una proposta culturale di un strumento “vecchio” come il video e il cinema, organizzando due proiezioni, una l’ultimo giorno di scuola con tutti gli alunni della scuola media di Corneliano con filmati provenienti dal Sottodiciotto Festival e una per tuta la comunità con il film Ralph Spaccainternet nella splendida cornice di S.Bernardino. Quindi dal piccolo schermo in solitudine (il cellulare) al grande schermo in compagnia (cinema all’aperto) per provare a resistere a “quell’impetuoso dispiegamento della tecnica che impoverisce gli uomini di esperienze private e umane in genere” segnalato già all’inizio del secolo scorso da W.Benjamin.

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Contesto

Monticello è un paese della zona del Roero con circa 2500 abitanti. Ha un progetto storico di educativa di strada e di politiche giovanili e un centro di aggregazione (il Fante) situato al di fuori del cento del paese. Siamo partiti dal proporre un approccio non orientato “al fare delle cose con i giovani” o al semplice mantenimento di attività e strutture educative (che comunque negli anni sono state portate avanti con impegno), ma dal porre al centro del dibattito culturale e politico del paese la questione educativa. Nel primo anno di attività (2018) si è provato a uscire dalla logica dell’intrattenimento o della prevenzione per sondare invece le capacità e le energie dei giovani di inserirsi nelle dinamiche comuni e quotidiane del territorio e nel rapporto tra le generazioni. NON SONO PIÙ UN BAMBINO è stato il titolo del video-documentario realizzato nel primo anno, frutto delle storie e dell’inchiesta realizzata con e dai ragazzi/e. È un’affermazione che a volte si vorrebbe gridare agli adulti, ma anche una domanda che ci si pone in momenti di crescita delicati. E quindi da un lato la voglia di essere presi sul serio dagli adulti, di essere coinvolti, di avere maggiore potere decisionale, dall’altra la paura di essere ancora un po’ piccoli per mettersi in gioco in prima persona

Processo

Con una ventina di ragazzi/e delle scuole medie e superiori siamo ripartiti da queste tematiche per provare a capire quali potessero essere gli ambiti di azione e intervento sociale-politico su cui responsabilizzarci. PRENDERE PAROLA. Abbiamo immaginato l’inchiesta come un costante e forte bisogno di riconoscimento, visibilità sociale e dibattito da parte dei ragazzi nei confronti degli adulti, siano essi genitori, rappresentanti di istituzioni, insegnanti, cittadini.
Questa presa di parola si è manifestata con un’attività di guerrilla education, ossia l’ideazione e la costruzione di cartoline con un messaggio/proposta /iniziativa da presentare alla cittadinanza.

Restituzione comunitaria

Non siamo più abituati a ricevere cartoline… Queste sono le quattro realizzate dal nostro percorso con i relativi temi (ripristino campetto da calcio, organizzazione di feste e serate culturali nel centro comunale in paese, cinema all’aperto estivo itinerante per tutta la comunità e collaborazione nella pulizia del paese insieme al green day monticellese)
#scarpe senza sabbia #disco party #cinema
#monticello pulita
Da un pomeriggio passato ad imbucare e incontrare casa per casa le persone, alla mattinata al mercato settimanale, i partecipanti hanno richiamato l’attenzione dei loro compaesani sulle tematiche emerse per immaginare percorsi sociali da realizzare nel prossimo anno.

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Contesto

Il quartiere Moretta ad Alba è stato il secondo territorio espressione della collaborazione con il Consorzio Socio Assistenziale. In questo quartiere vi è una scuola elementare, una nuova sede di una scuola media e una struttura parrocchiale che si occupa appunto del C.A.M. Per questo territorio vale lo stesso discorso fatto per il territorio Langhe, anche se con le operatrici di Alba la collaborazione è nata ed è andata subito oltre la progettazione e la realizzazione del percorso di Cultura in movimento, ma è stato il giusto pretesto per dialogare, per pensare ad un tipo di impostazione educativa che si immerga nelle dinamiche sociali del quartiere e della città. Insomma ci siamo incontrati non solo per provare a definire il nostro ruolo di operatori con bambini e ragazzi/e, ma per immaginare e strutturare un’impostazione alternativa delle politiche educative.

Processo

Il processo nel quartiere Moretta è iniziato con la mappa sociale, facendoci accompagnare dal gruppo dei bambini in posti per loro significativi e ricchi di storie. Subito, insieme a loro ci siamo chiesti come si chiamano queste piazze, i giardini che attraversiamo e viviamo e soprattutto quanto questi nomi incidano nella vita sociale comune. Di grande impatto è stata poi la giornata di video interviste nei giardini G.Varda, dove i bambini si sono lanciati nel chiedere a pari età, genitori, nonni e passanti se conoscessero questo personaggio a cui sono intitolati i giardini e il motivo per cui ci si incontra in quel luogo

Restituzione comunitaria

Individuati i tre spazi più importanti (cortile Istituto Ferrero, Piazza della Moretta e appunto giardini G. Varda) si è deciso di realizzare un corteo per le vie del quartiere andando a toccare proprio quei punti. IL QUARTIERE SIAMO NOI, recitava lo striscione che i bambini hanno portato in testa al corteo: con questa passeggiata abbiamo abitato e vissuto le strade e le piazze per farli diventare luoghi di condivisione e incontro. Arti di strada come la giocoleria, la musica e il teatro sono state messe al servizio della comunità e hanno creato momenti di riflessione, portando alla fine di questo percorso – non solo fisico – alla RI-nominazione informale di un giardino, ora intitolato a Elzéard Bouffier, “l’uomo che piantava gli alberi”. I nodi emersi sono proprio quelli del prendersi cura degli altri, degli animali, degli alberi e dei parchi, grande spunto educativo per proporre il prossimo anno all’amministrazione comunale e ai cittadini tutti la rinominazione ufficiale e una serie di iniziative per e sui giardini.

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Contesto

In questi tre anni di Cultura in movimento abbiamo coinvolto un buon numero di ragazzi/e che da anni frequentano il nostro centro educativo (età 16-19) dando loro responsabilità sia nelle parti laboratoriali che nelle realizzazioni degli oggetti culturali. Il gruppo si è calato perfettamente nello stile del progetto, questo ha fatto si che si sia creato intorno a loro una quindicina di coetanei coinvolti direttamente dalla loro azione. Un piccolo percorso di autogestione pedagogica e formativa per promuovere un’inchiesta sulla città di Alba. Autogestione pedagogica come strumento di relazione e obiettivo finale della nostra attività, non tanto intesa come autonomia dei giovani o separazione dal nostro ruolo di adulti, ma come un dotarsi di pratiche di indagine sulla propria condizione nel territorio di riferimento. Si tenta di sviluppare un’interdipendenza positiva e di rendere sempre più consapevoli e consci i ragazzi del metodo utilizzato per una possibile attitudine futura ad agire e operare socialmente e politicamente nella comunità.

Processo

Il percorso sin da subito ha permesso ai ragazzi/e di sperimentare una modalità di scambio e relazione che partisse dalle loro esperienze e dalle storie di vita riguardanti la comunità e la città. Nella costruzione della mappa sociale si sono evidenziati luoghi (terminal bus, stazione, parco Tanaro, zona H, piazza Pertinace, il kebabbaro…etc.) in parte anche alternativi all’Alba turistica e del commercio enogastronomico, ma il nodo è che questi luoghi e le relazioni che si vivono in essi  sono ambivalenti, contraddittorie, e quindi hanno a che fare con l’autenticità delle nostre esistenze, dalle  ristrettezze economiche al tentativo di abitare la città al di fuori di dinamiche di compravendita fino alla ricerca di “isolarsi” per godersi elementi naturali (parchi) e fisici (piazze, scalinate) come se fossero casa propria e casa comune.  Storie che senza enfatizzarlo, fanno emergere anche i rischi che si possono incontrare nello stare in città riportando questa dimensione ad una naturalità a cui forse bisognerebbe relazionarsi in maniera più laica, lucida e senza stereotipi. In questo percorso si è anche tentato di uscire definitivamente da una modalità tipica delle “politiche giovanili” di scimmiottare pratiche di partecipazione e coinvolgimento (Forum Giovani, Consigli comunali dei ragazzi) che nella realtà si dimostrano finzioni e separazioni dalla sfera della comunità reale.

Restituzione comunitaria

Alba, come quasi tutti i centri urbani, si sta privatizzando, e non parliamo solo di spazi che da pubblici diventano centri privati (centri sportivi, spazi aggregativi etc…), ma ci stiamo riferendo al fatto che universalmente si sta privatizzando il rapporto delle persone con la città, che diventa quello tra l’offerente e il consumatore, in poche parole la vita, le relazioni e le esperienze si consumano e non si vivono più. È chiara l’involuzione della democrazia in questa situazione, come è evidente che l’esercizio della politica e dell’azione di comunità siano diventati prassi rituali, che possono anche variare per tipologia e modalità, ma non mutano l’orizzonte di Senso. Abbiamo provato un primo piccolo e sperimentale cambiamento di relazione con la città, mangiando in una piazza del centro storico seduti in circolo, condividendo non solo cibo, ma storie, esperienze. Mentre tutto intorno il divertimento del sabato sera prendeva piede, anche noi divertendoci instauravamo un modo di stare in piazza alternativo, in qualche maniera più diretto. Questo è un inizio, perché con le stesse modalità vorremmo inaugurare una serie di iniziative simili, che evidenzino una volontà di rendere beni comuni non solo i luoghi ma le relazioni che abbiamo con essi.

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7

Gli oggetti culturali: narrare un’altra storia

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L’obiettivo di Cultura in Movimento è quello di coinvolgere ragazzi e ragazze di un determinato territorio in un’inchiesta ludica, che metta in luce caratteristiche, dinamiche, relazioni,problematiche di quel territorio, attraverso gli occhi di chi lo vive quotidianamente.
I temi che emergono dall’inchiesta, le storie che i ragazzi raccontano, sono tradotti in chiave culturale, non solo attraverso l’organizzazione di un evento pubblico, di comunità, ma anche con la realizzazione di un oggetto culturale e artistico. Musica, Cinema, Letteratura, Teatro e Arti grafiche sono le cinque arti che dopo una breve e iniziale formazione tecnica ci permettono di sviscerare ed elaborare i temi emersi dalle storie e dall’inchiesta. La scrittura di un testo rap, un piccolo video- documentario, la realizzazione di un fumetto, un flash mob teatrale, la creazione di poster e cartoline, la pittura murale sono le forme pratiche di restituzione alla comunità delle questioni emerse.
L’Arte e la Cultura hanno quella funzione di prima emancipazione “dal basso” dai nodi e dagli eventuali problemi emersi in fase di ricerca e servono per produrre un immaginario di cambiamento reale e fattuale, da agire nella Comunità e collettivamente.

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«Il rap è affermazione di sé, affermazione di sé nell’ambiente in cui si vive, messaggio da trasmettere al mondo, per cambiare il mondo»

(Militant A)

«ci piace raccontare una storia da un’angolatura diversa, raccontare “l’altrimenti”. È possibile evadere dalla gabbia di una narrazione spesso imposta dall’alto»

(Wu Ming 2)

«Il video partecipativo è l’officina delle storie, di chi vive solitamente ai margini della società, e che sa offrire uno sguardo completamente inedito sulla realtà»

(Zalab)

«Il teatro è il tentativo di generare nuove e continue possibilità di fallimento attraverso la percezione che comprende l’altro»

(Damiano Grasselli – Teatro Caverna)

«La guerrilla art è un mezzo di condivisione di un’idea politica, o anche solo un modo per creare comunità nel proprio quartiere»

(Keri Smith – Guerrilla art kit)

«Il volto dei giovani adolescenti, spesso invisibile, messo al muro e pubblico per dire che ogni vita è straordinaria e sorprendente»

(Massimiliano Fabbri)

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PDF

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