Era fine estate 2022 quando come progetto Cultura in movimento abbiamo saputo di aver ottenuto il finanziamento per un bando della Regione Piemonte destinato agli Enti del Terzo Settore. La notizia ci rendeva ovviamente contenti, (soprattutto sollevati vista la nostra “continuità nella precarietà” lavorativa), ma allo stesso tempo sentivamo di fondo una sensazione “strana”, un’inquietudine che sapevamo si riferiva al fatto che la nostra progettualità avrebbe dovuto svilupparsi in interventi di accompagnamento e inclusione a favore di giovani Neet.
A cosa era dovuta (e in parte lo è ancora) la nostra difficoltà rispetto al tema? Sostanzialmente per la grande sovraesposizione e insistenza mediatica che vede adolescenti e giovani descritti come irresponsabili, “zombie sociali”, “bamboccioni” viziati interessati solo al divertimento sfrenato e ovviamente sfaticati parassiti riluttanti alle grandi e invitati opportunità di lavoro, magari sostenuti da redditi di cittadinanza e affini.
La categorizzazione Neet (che ricordiamo va ad identificare quella parte di popolazione giovanile che in un determinato momento storico non studia, non lavora e non è inserita in percorsi formativi altri) crediamo si inserisca, incrementi e sostenga acriticamente questa narrazione. Questo soprattutto per l’etichettatura in sé, che come ogni tassonomia sociale inchioda ad un ruolo, ad una posizione in maniera assoluta e immodificabile nell’immaginario comune. Allo stesso tempo non abbiamo potuto e voluto ignorare la questione in sè, ma abbiamo cercato di inserirla in una dinamica che partendo dalle situazioni in carne ed ossa (dei Marco, delle Carla, dei Francesco e Francesca…) ci auguriamo le abbia potute rendere collettive, e quindi sociali e politiche. E se tali sono dovrebbero interessarci e coinvolgerci tutti e tutte. Insomma ci siamo avvicinati (al contrario delle categorie) alla tematica rendendoci prossimi alle Storie delle persone, e quindi tentando di tenerci lontano dalle colpevolizzazioni personali.
Abbiamo sentito la responsabilità di approcciarci ai contesti e ai/alle ragazzi/e che abbiamo incontrato come figure vere, autentiche, promotrici di emancipazione.
Ora ci si intenda bene, non siamo stati e non pensiamo assolutamente di essere stati dei “salvatori di anime”, ma crediamo da sempre che se la pedagogia può essere strumento di creazione di soggettività e comunità rinnovate in un’ottica liberatoria, questo possa avvenire solo grazie alla combinazione di contenuti di Senso abbinati ad un passo, ad una postura, ad uno stile che ci renda credibili e soprattutto incarnati in essi.
Quindi Cultura in movimento, la sua inchiesta e pratica pedagogica come si sono potute muovere in tale dinamica, che ripetiamo è fatta di persone e situazioni reali?
Sin da subito siamo usciti da una pressione narrativa legata unicamente alle passioni, al “devi trovare la tua strada”, perché in alcuni momenti di vita invece di stimolare e dare spinta questa può aumentare ansie e riprodurre “l’imprenditorializzazione della propria vita” o schemi di fallimenti già vissuti.
Abbiamo poi ragionato sul Senso del Lavoro, inteso soprattutto nel cosa vorrei fare ed essere da grande. Ci siamo messi in ascolto degli aspetti multipli e diversificati di una persona. Senso del lavoro come riflessione sull’importanza delle varie mansioni sociali e non come cultura del successo; Senso del Lavoro come alfabetizzazione sulle modalità e condizioni di lavoro. Abbiamo provato a lasciarci alle spalle le biografie che inchiodano al passato, qualunque esso sia, e di partire da zero, lavorando più sulla sceneggiatura di una vita possibile, su una vita da riscrivere e re-immaginare. Tutto ciò creando un clima relazionale caldo e una serie di incontri e di luoghi in cui poterci riconoscere a vicenda.
Tre classi di quinta superiore di un istituto enogastronomico e alberghiero (SanDamiano d’Asti), due gruppi informali di giovani rispettivamente di un centro di aggregazione e di un collettivo politico (Cinema Vekkio Corneliano e Alba), persone uscite da poco dalla formazione professionale di stampo elettrotecnico, un gruppo di ragazzi e ragazze appassionati e dediti al rap (Monticello e Alba) e infine persone incontrate in strade, parchi e giardini, comunità alloggio (centro di accoglienza minori non accompagnati Canale) …ecco chi sono i protagonisti di quello che ci piacerebbe immaginare come un quaderno di storie tra il presente e il futuro, storie di un presente e un futuro profondamente diversi da quelli inseriti in traiettorie già segnate in partenza….